martedì 6 aprile 2010

Al popolo Saharawi del deserto di questo mondo a volte crudele.


Un oasi nel deserto
Era il quindici di aprile del 2008, ero nel deserto del Sahara, nell'accampamento di Dajila. Voglio dar voce a quello che scrissi allora, il popolo Saharawis ha bisogno di noi, é inammissibile che nel 2010 si constringa un popolo a vivere in condizioni all'estremo della sopravivvenza. Quello che mi ha affascinato é stato il vedere l'orgoglio di questa gente dolce e pacifica tra le pieghe dei veli da dove s'intravedevano sguardi carichi di dignitá e forza.

15/Aprile, Dajila, 2008
Ed oggi sono qui, nel deserto del Sahara, sto esattamente dove volevo stare giá anni fá, trenta, per essere esatti, e sono qui seduta nel buco del culo dell'Universo, sotto uno sparuto numero di palme dell'unica oasi di questo Popolo orgoglioso e fiero.

Non si tratta di quelle oasi che uno s'immagina con un piccolo laghetto e cammelli bevendo sino a saziarsi e odalische danzando con il ventre e campanellini ai piedi scalzi...La mia é un'oasi piccolina, non c'è acqua nemmeno a sognarla e come in un miraggio appaiono cinque pecore passeggiando unite, strettamente unite tra loro, mi guardano curiose, lo fanno come lo fa la gente di questo deserto, e gli uomini, che si prendono per mano quando passeggiano con i loro sahariani svolazzanti al vento caldo e avvolgente...che quando si presentano mi danno la mano destra una e una e un'altra volta ancora, e dopo aver sfiorato le mie dita dolcemente se la portano al cuore una e una e un'altra volta ancora...

...offrendomi poi questo pezzo di rena come fosse la cosa piu preziosa della Terra. E acqua dentro otri di pelle di capra, gli occhi brillano di gioia quando ti guardano bere con soddisfazione, il sole comincia a dare colpi secchi e tutto intorno luccica.

Non ci sono molti cammelli, in cambio ci sono moltissime mosche gentili che si posano leggere sopra il mio corpo, impercettibili lo fanno, una e una e un'altra volta ancora, e mi par intravedere le loro zampette posarsi sui loro cuori allegri.

E i bambini escono da scuola come tutti i bambini del mondo, giocherelloni e felici con i loro zainetti sulle spalle e i loro vestiti lunghi, si soffermano sotto le palme a giocare con le pietre e la sabbia del loro deserto. I passeri volano solinghi per poi incontrarsi in volo in numero di massimo due. 

Il vento caldo é come me l'ero immaginato, il freddo della notte meno.
Le case di mattone di sabbia color caffélatte e porte azzurro mare come gli occhi di cert'uni che mi guardano intensamente. É un popolo dolcissimo, mi sorridono a dieci passi dall'avermi raggiunto. Il loro osservare strabocca di semplicitá commovente., esiste il pericolo di innamorarsi, tutti sono allegri, nonostante posseggano solamente il cielo, la sabbia, le stelle e la luna menguante... s'intravedono le bocche carnose sorridenti ben disegnate e il vento ritorna per accarezzarmi una e una e un'altra volta ancora.



17 aprile, sotto la stessa oasi…
Sabbia, sabbia, sabbia, vento e sabbia sotto le 32 palme. Oggi ci sono un bel po di capre belanti, mangiano, alcune, corteccia d'albero. Cornacchie blu scuro volano rasente terra color noce tenue. Mulinelli portano seco fogliame secco e pelo di cammello ingarbugliato, gli scorpioni vanno per il loro cammino assolato.
Qui si vive a contatto con la terra, culo a culo con essa, tappeti azzurri e rosso sangue, cuscini di velluto scarlatto e blu oltre mare. Il Té preparato da mani sagge passa dalla teiera d'argento cesellata alla maniera delle mille e una notte a un bicchierino di vetro all'altro in numero di otto, un rito che si ripete  da mille e mille ore piacevoli passate a chiaccherare di tutti i fatti della vita.

Il primo sorso é amaro come la vita, il secondo é dolce come l'amore e il terzo é soave come la morte. Che fortuna passare per le tre stazioni di questa usanza. Sdraiati stiamo tutti, donne e uomini, di notte sotto le stelle, le posso toccare peró non  oso, non oserei mai sporcarle. Il silenzio é spesso, la luna mi copre di luce quanto basta  per permettermi di percepire sagome di case mormoranti. Il suono dolce dello scirocco porta con se eco di voci in lontananza. 

Oh! Anime sagge giá andate! Oh! dei passati, presenti e futuri, questa causa é piú grande di me, saró capace d'abbracciarla? Prima che si sfracelino queste pietre sabbiose color ocre cangiante, prima che i giovani si perdano per le strade del mondo, prima della fuga, prima, prima, prima che gli anziani se ne vadano per sempre. Dove potró incontrare altrimenti occhi cosí intensi?



M'inchino in direzione est, saluto il sole che se ne va e tornerá domani senza dubbio alcuno, saluto il Dio di qua, percepisco soddisfazione intorno a me, i miei ospiti si sentono onorati, e Lui sembra sorridermi benevolo...

É imprevedibile il vento, gira in vertiginosa danza invadendomi le narici e i veli del mio vestito che porto con orgoglio alla maniera dei Re del mio deserto, se non mi alzo adesso mi sotterra anche non volendo. Devo trovare la forza per camminare anche se faticosamente, chi si ferma è perduto, é perentorio muoversi, criminali sono quelli che ce lo impediscono, la pagheranno un giorno.

Ritorneró per salire sulla gobba di un cammello pacifico? Voglio ripercorrere da sola le orme del Leone del deserto, e quelle dei miei ancestri, siciliana sono e non mi pento, questa sabbia sottile arriva ogni giorno alle sponde della mia isola antica, il mio volto me lo dice che fúi anche nordafricana mille anni orsono...

Il sonno mi vince alle due del pomeriggio, cous cous e carote con cipolle e carne di cammello che non voglio mangiare assolutamente, non posso ingurgitare un fratello cosí simpatico e utile, mi salverá la vita un giorno, si ricorderá di me, posso starne certa. Le mosche non mi lasciano dormire, non vogliono, hanno tutta la ragione, mi rimane poco tempo per godere di questo velo Saharawi nero cinese, il velo degli uomini che mi sono messa in testa alla maniera dei Berberi. 

Ridono di me i bambini al vedermi passare per la strada polverosa , mi hanno spiegato perché, rido con loro, giustífico la mia elezione, é molto piu pratico muovermi, le donne vestono pomposo, e il mio bastone non lo tollera, inciamperei su me stessa una e una e un'altra volta ancora.

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